Incomparabile


<<Ehi, Tamara, ma tu lo sai come si dice “hai del paneer?”>>

<<Non ti preoccupare, Aaron, in qualche modo ci facciamo capire, vedrai>>.

Quello che Aaron Durogati e Tamara Lunger stanno cercando di ottenere, il paneer, è un formaggio tipico dell’India e del Pakistan. Un formaggio fresco, ottenuto cagliando il latte appena munto con aceto, succo di limone oppure yogurt. È la miglior fonte di proteine disponibile, da queste parti. “Queste parti”, invece, vuol dire un luogo imprecisato oltre il passo Rohtang, nelle grandi montagne dell’Himachal Pradesh, uno degli Stati più settentrionali dell’India.

Dinesh borbotta qualcosa, annuisce vigorosamente, scompare per un momento sotto al banco della sua piccola bottega. Si sente un rumore di oggetti spostati, una testata, un’incomprensibile imprecazione. Qualche mosca vola via, indispettita. Dinesh riemerge sorridente, tenendo in mano due grosse forme di formaggio freschissimo. <<Vedi?>> commenta Tamara, mentre armeggia con lo zaino, cercando qualche rupia <<se vuoi comperare del formaggio, in un modo o nell’altro ci si capisce sempre>>.

Aaron e Tamara si siedono fuori, in strada. Affondano i denti nel loro paneer, che di certo non è mozzarella di bufala campana DOP, e magari non è nemmeno pulitissimo, ma in quel momento è la cosa più buona del mondo. Sono sulla strada per Manali, a piedi. Felici e spossati, stanno tornando a casa da un viaggio strano, qualcosa che non è stato né una spedizione, né una vacanza.

Inizia tutto a settembre. È passata una settimana dalla Red Bull Dolomitenmann, la staffetta più dura del mondo: una gara di corsa, parapendio, mountain bike e kayak che si disputa sulle montagne attorno a Lienz, in Austria. Aaron ha vinto con il miglior tempo in parapendio: un po’ di svago, ora, è del tutto legittimo.

L’idea è semplice: una destinazione approssimativa e nessun progetto, se non quello di stare fuori il più possibile, salendo montagne e volando via, all’avventura.

Tamara è la compagna ideale, per un piano del genere: è una forte alpinista, decisamente a suo agio con l’alta quota; inoltre ha già un po’ di esperienza col volo.

È con queste idee in mente che, il 15 settembre, Aaron e Tamara arrivano a Nuova Delhi. C’è un autista ad aspettarli, guida la jeep che per un mese sarà il loro unico punto di riferimento. Ci vogliono due giorni, in macchina, per arrivare al passo Rohtang.

Da lì, avventura: si parte alla mattina presto, salendo da qualche parte, senza aver in mente la cima o la prestazione. Aaron e Tamara decidono a sentimento, a seconda di cosa hanno voglia di fare. Concordano con il loro autista un luogo di rendez-vous per uno o due giorni dopo, e poi via. Dai quattromila metri del fondo di queste valli salgono fino a seimila, seimilacinquecento. Trovano uno spiazzo abbastanza sgombro da roccia e ghiaccio, preparano il parapendio biposto, decollano. Non sempre è facile, e non solo perché a volte uno spiazzo abbastanza sgombro da roccia e ghiaccio pare proprio non esserci: salgono molto veloci, ed i primi giorni il mal di montagna si fa sentire, ma in modo bizzarro: Aaron ne soffre sopra i cinquemila, ma appena decolla sta meglio. Tamara non ne soffre, se non quando è in volo.

Volare su queste valli, attorniati dai grandi rapaci a cui appartengono, non è affatto scontato. Per Aaron le Dolomiti sono un parco giochi, le conosce al punto di non aver bisogno di guardare il meteo. Qui, beh, è tutto diverso. È come tornare indietro: non c’è maniera di avere previsioni attendibili, ed il modo in cui il tempo evolve è completamente diverso. Bisogna prestare molta attenzione, per non trovarsi in situazioni pericolose, e la testa lavora a mille.

Il sole sta tramontando sulla lunga strada che scende a Manali. Aaron e Tamara, sazi di paneer, hanno ancora poco più di un’ora di cammino per arrivare al rendez-vous con la loro jeep. Non è freddo, o per lo meno non come su sulle montagne.

<< È stato un mese tosto, Tamara. Mica male come prima esperienza di alta quota. Adesso credo che per un po’ tornerò a volare sulle montagne di casa, ma ne è davvero valsa la pena>>.  Aaron si ferma. Il suo sguardo spazia su quel paesaggio remoto, su quelle poche case abbarbicate al fianco della montagna, dove già si intravedono le prime luci, i primi fuochi. Guarda indietro, verso le valli in cui per settimane non hanno avuto il minimo sentore di presenza umana, in cui hanno dormito per terra, lavandosi nei ruscelli, quando capitava.

Tamara rallenta, si gira, si ferma anche lei. <<Sai cosa mi è piaciuto in particolare, Aaron? Al di là del volare sopra queste montagne?>> Tamara tace per un momento, come per organizzare le idee. Anche lei, ora, sta guardando a nord, verso le valli in cui hanno trascorso l’ultimo mese, gli occhi velati di nostalgia. <<Non avere un obiettivo. Ecco, viviamo vite frenetiche, sempre di corsa, sempre con un progetto, una gara, una cima, qualcosa in mente. Beh, mi piace, è parte della mia vita, e sono sicura che anche tu sei uno che si gode la sfida con se stesso. Però passare questo tempo così, seguendo estetica e vento, scegliendo i nostri obiettivi secondo quello che senti in quel momento, secondo quello che ti dicono i posti… È stato senza pari>>.

Aaron ascolta, annuisce in silenzio. Respira profondamente, gustando per l’ultima volta quell’aria, quel sottile odore di fuoco portato dal vento. Si gira, muovendo un paio di passi a sud. <<Senza pari. Hai proprio ragione, Tamara. È stato una figata, ma non solo per questo, come dire, gusto di essere liberi>>. Aaron si china a raccogliere un filo d’erba, lo osserva per un attimo frusciare nel vento.

<<Ho iniziato a volare da molto giovane, lo sai. Conosco tutto ciò che si vede dalla porta di casa mia, ed anche quello che non si vede, per molti chilometri. I sentieri, i nomi delle cime, le quote, il modo in cui gira l’aria, i cicli delle termiche. È bello, è questo che vuol dire “crescere”: essere pronto e capace di leggere ciò che hai davanti per avere il volo perfetto.>> Fa una pausa, il filo d’erba inizia a cambiare direzione.

<<Ecco, tutta questa conoscenza ti fa sentire potente, ma anche, come dire, vecchio. Come se nel mondo non ci fosse più posto per la meraviglia. Qui invece l’ambiente è così diverso che è un po’ come ritornare bambini: devi imparare daccapo a leggere ciò che ti sta intorno, per capire dove andrai a finire. Se ci saranno le condizioni adatte per decollare, se sei in tempo a fare l’ultimo volo per tornare a valle prima del buio… È tornare indietro per andare avanti, ricordarsi che qui fuori c’è sempre qualcosa di nuovo, di inesplorato, di meraviglioso. Che c’è sempre una curva dietro alla quale non sai cosa ci sia>>.

C’è silenzio, attorno. Aaron e Tamara riprendono a camminare, un passo dopo l’altro. C’è ancora strada. Lontano suonano una campana e un canto.

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Articolo scritto per Salewa Pure Mountain Blog. © Storyteller-Labs. Tutti i diritti sono riservati.